In occasione dell’apertura della COP 28 a Dubai, il quotidiano “la Repubblica” ha pubblicato una analisi preliminare dando spazio a vari esperti di ambiente e sostenibilità fra cui il nostro Angelo Consoli, che aveva ammonito a non aspettarsi progressi trascendentale visto che questa COP è organizzata, coordinata e influenzata da paesi petroliferi. E se qualcuno avesse avuto dubbi in proposito, a fugarli ci ha pensato immediatamente Sultan Al Jaber, presidente della delegazione organizzatrice dell’evento.
L’ eminente politico emiratino, nonché numero uno di Adnoc, la compagnia petrolifera statale, infatti, si è espresso contro l’eliminazione dei combustibili fossili, sostenendo che questo significherebbe “un ritorno al tempo delle caverne”, sollevando la massima preoccupazione nel segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres che ha subito commentato “Affermazioni assolutamente preoccupanti e sull’orlo del negazionismo climatico”. In attesa delle conclusioni (che si annunciano deludenti) della COP 28, c’è già chi comincia a tirare conclusioni (non esattamente entusiasmanti).
Fra tante discussioni appare invece molto significativa l’analisi del bravissimo Ferdinando Cotugno, editorialista del giornale “Domani”, che vale davvero la pena di leggerle, dal titolo significativo:
”NON POSSIAMO NEGOZIARE CON LA NATURA”
“Ogni giorno Sultan al Jaber parla alla stampa e si prende una decina di minuti per magnificare i risultati della sua conferenza sul clima. Un vero presidente-del fare, piazzista di se stesso. La sua retorica preferita è quella del realismo, del pragmatismo, «siamo guidati dai risultati», dice, ogni santo giorno, «siamo la squadra migliore», «noi facciamo le cose», «noi centriamo gli obiettivi». I custodi dell’apocalisse climatica sono sempre quelli che di sé dicono: noi siamo i più realisti. E non importa che il loro realismo fossile renderà inabitabile i loro stessi paesi.
Oggi la presidenza ha presentato le squadre del rettilineo finale, quelle che prenderanno in mano i dossier. Gioco delle coppie: i ministri dell’ambiente di Cile e Australia negozieranno sull’adattamento. Quelli di Norvegia e Singapore: sulla mitigazione. Quelli di Egitto e Canada: sulla finanza. Quelli di Danimarca e Sudafrica: sul Global Stocktake. «È la squadra migliore possibile», ha detto al Jaber. E sai cosa? Su questo ha ragione. È gente che conosce questo ambiente alla perfezione, COP dopo COP, che sa unire politica e tecnica, che sa di cosa parla.
E no, non c’è l’Italia, chi mai vorrebbe ci fosse il ministro italiano in una lineup del genere?
Quando smetteremo di essere divertenti comparse sul piano politico?
Pichetto Fratin arriva domani. Ha un biglietto business open, dicono. Nel senso che non sa ancora quando torna. Non sa quanto resta, non sa se resta, torno quando voglio, tanto fate senza di me.
Dan Jørgensen, ministro dell’ambiente danese, durante la presentazione della squadra ha detto: «Possiamo negoziare tra noi su tutto, ma non possiamo negoziare con la natura». Ecco!
Al Jaber ha chiosato: «Facciamo che questa COP28 sia la più importante di sempre». Senti a me, Sultan, facciamo che lo sia in senso positivo. Perché, e queste sono le parole del segretario generale di UNFCCC Simon Stiell, «siamo qui per salvare vite». Noi ascoltiamo gli esegeti delle bozze come monaci medievali che interpretano un testo ancestrale, ma qui ci sono vite in gioco. Ogni parola usata bene o male, ogni compromesso al rialzo o al ribasso, vuol dire centinaia di migliaia di morti di meno o di più da qualche parte del mondo, in qualche punto del futuro. La vita e la morte, questo è. Sono parole, ma è su questo che si negozia. La vita o la morte di qualcuno che è nato quest’anno, o l’anno scorso, o l’anno prossimo. Vorrei che ce lo ricordassimo sempre”.